La Cina apre al vino italiano.

Nuovi accordi sanitari e doganali, ma l’opportunità passa dalla fiscalità internazionale

Apertura doganale sì, ma serve strategia fiscale per coglierla.

Il 2025 rappresenta una svolta nei rapporti economici tra Cina e Italia sul fronte dell’agroalimentare, con un’attenzione particolare al comparto vinicolo.

La firma di nuovi accordi bilaterali e multilaterali ha portato:

  • all’eliminazione di alcuni vincoli sanitari e burocratici;
  • a una riduzione selettiva dei dazi doganali per prodotti a denominazione (DOP, IGP);
  • al riconoscimento reciproco di certificazioni in ambito sostenibilità e tracciabilità.

Ma ciò che rende questa apertura veramente interessante è l’opportunità di ottimizzazione fiscale e doganale, che si affianca a quella commerciale.

La Cina sta gradualmente armonizzando il suo sistema tariffario per favorire prodotti europei di qualità, e l’Italia ha il dovere di attrezzarsi non solo con il marketing, ma con la struttura giuridico-fiscale adeguata.

Attenzione all’impreparazione tecnica, contrattuale e fiscale.

Sfruttare questa apertura non è automatico. Molti produttori italiani si trovano oggi in una zona grigia tra potenziale e reale operatività, per tre motivi principali:

  • Ignoranza (o sottovalutazione) del sistema doganale cinese, che pur in apertura resta estremamente rigoroso in materia documentale e classificatoria.
  • Contrattualistica inadeguata nei rapporti con importatori e distributori cinesi: spesso mancano clausole fiscali, di diritto applicabile e di arbitrato internazionale.
  • Gestione fiscale dell’export poco efficiente, con rischio di duplicazione d’imposte, margini ridotti o addirittura perdita dei benefici derivanti dagli accordi internazionali.

A questo si aggiunge il fatto che molte PMI vinicole italiane non hanno struttura societaria o fiscale adatta per operare extra-UE, affidandosi a intermediari che drenano valore lungo la filiera.

Approccio integrato tra export, fiscalità e compliance internazionale

Di seguito i 4 pilastri operativi che il nostro Network propone ai produttori che hanno come obiettivo l’ingresso nel mercato cinese o il loro significativo consolidamento.

1° Pilastro.

Pianificare correttamente l’operazione doganale

  • Verifica del codice doganale HS corretto per ogni referenza esportata: eventuali errori compromettono l’accesso alle tariffe ridotte.
  • Controllo aggiornato delle Preferenze Generalizzate (SPG) e delle regole di origine previste dagli accordi Cina-UE.
  • Possibile utilizzo di depositi doganali temporanei o di zone franche per ottimizzare i tempi e i costi di sdoganamento.

2° Pilastro.

Costruire una contrattualistica internazionale a prova di contenzioso

  • Stipula di contratti di distribuzione o agenzia con clausole specifiche per: imposizione fiscale, risoluzione delle controversie, lingua contrattuale e sede legale.
  • Inserimento di clausole Incoterms precise (EXW, DAP, CIF ecc.) per definire le responsabilità di spesa e rischio.
  • Valutazione di forme societarie miste o presenza stabile in Cina, se i volumi giustificano un presidio più diretto.

3° Pilastro.

Ottimizzare la fiscalità dell’export

  • Verifica delle doppie imposizioni e utilizzo della Convenzione Italia–Cina per evitare la doppia imposizione: fondamentale per il corretto trattamento di IVA, accise e imposte sui redditi.
  • Possibilità di factoring o triangolazioni commerciali tramite trading company in aree a fiscalità privilegiata (Hong Kong, Singapore), nel rispetto della normativa antielusiva italiana (CFC rules).
  • Attenzione alla detraibilità dell’IVA e recupero dell’IVA estera, attraverso procedura VIES e partner cinesi certificati.

4° Pilastro.

Presidiare la compliance ESG e fiscale per attrarre i buyer premium

  • Integrare nella strategia export un sistema di reporting sulla sostenibilità certificabile anche in ambito fiscale (es. tracciabilità dei costi ambientali).
  • Utilizzare standard riconosciuti in Cina (es. GACC, Green Food, ISO 22000) per ridurre la soggettività dei controlli.
  • Mantenere una documentazione contabile e contrattuale trasparente, anche per eventuali audit incrociati tra autorità italiane e cinesi.

Per essere pratici ecco una check-list fiscale, sintetica, per esportare vino in Cina nel 2025.

  1. Verifica dei codici doganali e documentazione di origine;
  2. Valutazione della convenienza ad aprire una società commerciale in Asia;
  3. Redazione contrattuale con consulente legale esperto in fiscalità internazionale;
  4. Gestione IVA e accise: calcolo, rimborso, documentazione;
  5. Iscrizione al sistema cinese di tracciabilità alimentare (CFDA/GACC);
  6. Due diligence sui partner locali (fiscale e reputazionale);
Scarica gratuitamente la Checklist completa ed estesa
che abbiamo realizzato per te.

Conclusione: chi unisce narrazione e fiscalità vince

La Cina sta chiedendo due cose: prodotti di qualità e operatori competenti.

Il vino italiano può rispondere alla prima richiesta con il territorio, la storia e la biodiversità.

Ma per rispondere alla seconda serve un salto culturale: bisogna integrare competenze fiscali, legali e logistiche nel cuore della strategia commerciale.

Avv.to Davide Torcello



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